Quando l’amico Piero Graffione, presidente del Ca de Rissi mi ha detto di scrivere questo pezzo ho cercato di farmi venire in mente le fasi cruciali della nostra ultima partita ed invece poi ho capito che dovevo fare questa premessa che spiega meglio anche il seguito. Sono capitato in questa squadra per caso, ma ho trovato un clima “vero”, quello che si suole definire come una “grande famiglia”. Bel gruppo, ottimo amalgama, un mister in gamba ed il suo collaboratore anche, uniti ad una dirigenza che non è su un piedistallo, ma vicina a tutti noi. Ho cominciato a fare i massaggi, poi a capire i punti deboli di tanti (a volte non solo a livello fisico) ho cercato di risolverli e spesso su quei lettini abbiamo parlato di cose extra-calcio, dei problemi di tutti i giorni ed anche dei miei problemi. Abbiamo condiviso gioie e dolori tutti insieme. Certo, i ragazzi sono così, proprio come in una famiglia: bravi, affidabili, veloci, più propensi all’immediato che al futuro e che spesso non vogliono vedere ciò che c’è dietro l’angolo. E’ così anche nel nostro caso e c’è stata qualche piccola “marachella”, mai grave e sempre ricomposta con una stretta di mano ed un abbraccio. Ecco perché sono rimasto in questa squadra: perché potevo rispettare tutti e mi sentivo rispettato da tutti e sempre parte di questo gruppo. Nel rivivere la partita di sabato scorso sarò obiettivo e non campanilista, anche se è un piccolo sforzo che devo fare perché io ai ragazzi del “Cade” voglio bene davvero.

Ci si gioca tutto in una partita ed anche fuori-casa: la “curva” non ci ha fatto sentire questo peso perché ci sono stati un tifo ed una coreografia degni di un derby di serie A; la prima partita la abbiamo vinta noi sugli spalti. Fischio d’inizio e comincia Mignanego-Ca de Rissi; la posta è altissima: dentro o fuori ed a noi serve solo vincere. In panchina c’è tensione e l’aria si taglia col coltello, ma ci sta perché è un traguardo importante. Pochi minuti e rigore per noi: netto. Dischetto, Luca Barbieri e go.. no! Parata. Ci sta, è un episodio, va bene anche così, dai Luca! Giusto il tempo di sederci ed arriva il grande colpo di testa di Marco Avanzino: traversa. Nooo! Potevamo essere sul due a zero ed invece tutto ancora da fare, ma il Cade non molla e lo spirito è quello giusto perché la squadra ci mette il cuore contro una compagine quadrata e ben messa in campo. Nell’intervallo Alberto Massone commette l’errore di cadere nella provocazione del mister degli avversari: reazione e giusta espulsione. Ed ora? Dentro Minetti ed ancora più cuore. Così è e ce la mettiamo davvero tutta, ma nel calcio c’è anche la regola non scritta del “gol non fatto, gol subito” e così subiamo. Siamo sotto, ancora più cuore, più corsa, più voglia, più grinta. Infatti ecco il pareggio di Luca Fuliano: meritato. Si riparte. Testa bassa, ma non serve e si va ai supplementari con quel pezzo di cuore e polmoni che è rimasto. E’ un assalto, ma prendiamo il classico gol in contropiede e perdiamo due ad uno. Usciamo a testa alta, sconfitti ma con onore e va bene così: forse il sogno di salire ancora una categoria era troppo grande, ma ci abbiamo creduto.

Sicuramente dimenticherò qualcuno e mi scuso in anticipo, ma ringrazio tutti uno per uno:

Il grande Albe Massone: grinta, tuffi, parate, rinvii: poco stile, ma tanta sostanza.

Maratoneta Pippo Rimassa: ricorderò sempre quante volte ti ho visto passare davanti alla panca; mister chilometri!

Il mancino Mimmo Casu: ti manca solo la giusta fede calcistica! Bravo ed hai fatto ottime cose ed un grande miglioramento.

La sicurezza Marco Avanzino: anche senza ginocchia il piazzamento e quella spintarella che non si vede all’attaccante rimangono.

Il pilastro “Oggia”: insuperabile, finale in calando ma quando non ti piaci tiri fuori tutto ciò che hai.

L’insuperabile “Dasse”: piazzamento e sostanza, davvero poche parole e tanto calcio.

Il polmone Marchino Vallebona: tu chiedi e lui fa; il giocatore che tutti i mister vorrebbero avere.

Il regista “Poppi”. Testa alta, fatica, sudore, impegno; un regista a tutto “Cade”.

Il “mister in campo” Gada: gli infortuni non fermano chi sa giocare a testa alta fungendo da allenatore in campo.

Il “mago” Silvan Campanella: voglia, impegno, carica e nervi scoperti; per il Cade ti butteresti nel fuoco.

Roccia “Bicio” Babbilia: pronto quando serve, pensi che entri per fare numero e lui ti sfodera la più bella partita dell’anno.

Il sempre pronto Daniele Marenco: dedizione, impegno e serietà, con queste doti si va lontano.

L’autista (della squadra) Fabrizio “Schiaffo”: riferimento, uno che quando senti dire “è nostra” la fa sua.

Il “Portierone2” Alberto Minetti: pazienza, voglia, plastico, dinamico. Poche urla (a volte poche davvero) e tanta sostanza.

Il grandissimo Diegone: un problema fisico non ti fermerà perché si supera e sappiamo quanto bisogno di Cade hai.

Il bomber Luca Barbieri: corse, grinta, spallate, sportellate; hai fatto tanto sempre, a volte troppo, ma va bene così.

Il grande difensore (della palla) Stefano Cirri: l’infortunio non ferma chi ricordo a braccia larghe difendere la palla dando il tempo di salire alla squadra.

Il giocatore-tifoso Porcella: davvero un uomo-Cade sotto tutti gli aspetti; un sostegno importante.

L’uomo che fa impazzire le difese Simone Verduci: corse, fughe, ripartenze, rientri (un po’ meno) cuore e polmoni; quando vedi la porta sullo sfondo parti comunque.

Il nostro “Apache” Luca Fuliano: ci sono difensori che ancora devono capire qualcosa con te; un valore aggiunto.

Il rossoblu Gabro: modesto, grintoso, efficace dentro e fuori dal campo.

Lo “zio” Nardo: scanzonato, distaccato sembra, ma magari entra e ti fa la magia che non ti aspetti.

La “classe non è acqua” Francesco Coccaro: spinte, urla, dribbling (anche troppi) ma quando glielo stai per dire lui ti tira fuori la giocata giusta.

L’onnipresente e mio compagno di viaggio Fede Scarso: l’esempio vivente della passione per il calcio.

Per ultimo il capitano con un cuore grande così Alessio Fregosi: grande voglia, cuore, gambe sempre sanguinanti, colpi, falli (anche cercati). Il cuore pulsante della squadra.

 

 

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